giovedì 14 settembre 2017

Intestino e autismo: quale relazione?



Intestino e autismo: quale relazione?

Scritto da: Sabina Bietolini

Medicina Non Convenzionale



Intestino e autismo: quale relazione?

Le infezioni perinatali, la precoce esposizione agli antibiotici (anche attraverso carni e latte vaccino da allevamenti intensivi) e l’ospedalizzazione, in quanto in grado di alterare il microbiota intestinale sin dai primi giorni di vita, sono considerati fattori di rischio per la sindrome da spettro autistico (ASD).

Nei bambini autistici è stata dimostrata un’alterazione della permeabilità intestinale e quindi, non a caso, molti dei bambini autistici soffrono di problemi gastro-intestinali, tra i quali gonfiori e stitichezza. Se la mucosa intestinale viene cronicamente compromessa o danneggiata ne risulterà una maggiore permeabilità della mucosa stessa. Di conseguenza qualsiasi tipo di sostanza antigenica potrebbe attraversare liberamente la barriera intestinale, avviando reazioni immunitarie e permettendo l'assorbimento sistemico di sostanze che potrebbero influenzare negativamente le funzioni organiche e cerebrali.

La relazione tra microbiota e malattie neurologiche, come, ad esempio, autismo o sclerosi multipla, era, fino a pochi anni fa, pressoché sconosciuta e attualmente sta ricevendo sempre maggiori attenzioni al fine di individuare strategie preventive adeguate e precoci.

Si parla infatti di asse gut-brain (intestino-cervello) che ha un ruolo determinante per la salute dell’individuo, e, nel caso specifico di bambini affetti da ASD, le disfunzioni del tratto gastrointestinale sono state associate a maggiori livelli di irritabilità, comportamenti aggressivi e disturbi del sonno. Studi recenti suggeriscono che percorsi neuroimmunologici possano contribuire alla sintomatologia ASD attraverso l’asse gut-brain. L’approccio integrativo con probiotici è risultato positivo, migliorando la sintomatologia e riducendo l’infiammazione della mucosa intestinale. Tuttavia, risalire alle origini delle anomalie gastrointestinali risulta più opportuno, valutando, ovviamente, anche il ruolo della dieta.

A tale scopo, è di grande rilevanza osservare che alcuni alimenti, digeriti, danno luogo alla formazione di sostanze, derivate dal cibo, e definite peptidi oppioidi oppure esorfine.

Tale termine viene utilizzato per quelle sostanze ad attività morfino-simile che agiscono legandosi ai recettori degli oppioidi presenti sulle cellule nervose. Si formano a partire da glutine, caseina e altre sostanze; esercitano effetti sull’epitelio intestinale, ma possono anche entrare nel circolo sistemico e attraversare la barriera emato-encefalica, interferendo con la funzione cerebrale, con i processi cognitivi, comportamentali e con il sonno. Riescono quindi a esercitare la loro influenza sulle funzioni nervose, digestive e sul sistema immunitario tramite i recettori oppioidi. Questi peptidi svolgono un ruolo cruciale nella risposta al dolore e allo stress, ma alcuni di essi, derivati dall’alimentazione, possono accumularsi e inibire, nei giovani soggetti, la normale maturazione del sistema nervoso centrale, determinandone una progressiva disfunzione e contribuendo allo sviluppo di neuropatologie.

Tra gli alimenti il latte bovino, costantemente presente nella dieta umana, in precedenza per necessità, data la scarsa disponibilità di alimenti, ma dal dopoguerra eletto ad alimento indispensabile (seppure non lo sia affatto), ha un ruolo determinante nella produzione di esorfine. Le proteine del latte contengono quattro tipi di caseine: α1, α2, β e κ-caseina. Esse sono fonti di peptidi con bioattività. Uno di questi peptidi è la beta-casomorfina (BCM) che appartiene a un gruppo di peptidi con le suddette proprietà oppioidi, rilasciata durante la digestione gastrointestinale, o con processi industriali, della beta-caseina.

Poiché la BCM interagisce con i recettori oppioidi endogeni e con quelli della serotonina, che sono i modulatori della sinaptogenesi, viene suggerito che l'esposizione prolungata a livelli elevati di BCM bovina possa compromettere precocemente lo sviluppo del bambino, ponendo le basi per i disturbi autistici.

Veniamo al grano e al ben noto glutine, proteina originata dall’unione di gliadina e glutenina. È stato riscontrato, nei soggetti autistici, l'aumento della risposta anticorpale anti-gliadina e la sua associazione con sintomi gastro-intestinali. Ciò sta ad indicare un meccanismo che coinvolge il potenziale immunologico con associate anomalie della permeabilità intestinale e, degno di nota, tale reattività degli anticorpi alla gliadina non sembra correlata alla malattia celiaca, rientrando invece in una entità separata: la sensibilità al glutine non celiaca.

Una riduzione della capacità antiossidante indotta dai peptidi oppioidi derivati dal latte bovino e dal grano, con conseguente stress ossidativo sistemico causato da bassi livelli di glutatione, può predisporre gli individui sensibili a fenomeni infiammatori e ad ossidazione sistemica, dando un razionale significato ai benefici di una dieta senza glutine e senza caseina bovina riscontrata in pazienti con ASD.

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