giovedì 31 agosto 2017

Intolleranze alimentari: salute del microbioma




Intolleranze alimentari: la causa nella salute del microbioma intestinale

Scritto da: Anne Katharina Zschocke

Medicina Non Convenzionale



Intolleranze alimentari: la causa nella salute del microbioma intestinale

Tratto dal libro I Batteri Intestinali: la chiave per guarire e vivere in salute

Un’epidemia moderna che flagella i popoli è l’intolleranza alimentare in tutte le sue manifestazioni. Accanto al già menzionato 25,5% della popolazione per il quale, attraverso test sierologici, si sono rilevate reazioni contro alcuni alimenti, come è stato comunicato nel 2013 dal ministero federale della Salute (l’autrice parla di uno studio realizzato nel 2013 dal Robert Koch Institut di Berlino, Ndr), esistono schiere di persone, di cui non si hanno rilevazioni ufficiali, che soffrono a causa del cibo. Flatulenza e diarrea, eritemi cutanei e nausea, tosse e occhi che lacrimano… E poi prurito, bruciore e infiammazione, il cuore palpita, la gola si chiude… Nei casi peggiori si arriva a situazioni tali da mettere a rischio la vita. E spesso i malcapitati si sentono dire che tutto dipende dalla psiche e non ha nulla a che vedere col cibo.

Intolleranze a fruttosio, lattosio e glutine, a frutti come fragole o kiwi ma anche a soia o noci sono tra quelle da noi più diffuse. In linea di principio potrebbe comunque trattarsi di qualsiasi altra cosa. Legumi, cipolle e alcune varietà di cavolo vengono mal tollerati da molte persone e a questo gruppo appartengono addirittura anche caffè, cetrioli e uova sode. La vita delle persone interessate è forgiata dalla paura continua di mangiare per errore qualcosa di “sbagliato” ed esse sono costantemente limitate nell’acquisto degli alimenti. Niente è semplice da preparare a casa, ogni invito a cena diventa una camminata culinaria sul filo. Gli amici sono così carini da preparare apposta per il compleanno una torta priva di glutine, in modo tale che non si sia costretti a stare in mezzo agli altri con il piatto vuoto. In altri casi, con un po’ di vergogna, si tirano fuori dalla borsa i wafer di riso senza glutine che per sicurezza si portano sempre con sé per placare i morsi dello stomaco. I pranzi e le cene festive in occasioni lavorative oppure la ristorazione offerta nei viaggi di gruppo diventano poi un martirio. Non a tutti fa piacere essere esposti alle domande che inevitabilmente seguono quando si fa “outing” e si dichiara di soffrire di un’intolleranza. Inoltre al tema viene sempre attribuita un’ipersensibilità psichica.

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martedì 29 agosto 2017

Qual e' l'origine ultima delle leggi della fisica?




Qual e' l'origine ultima delle leggi della fisica?

Scritto da: Luigi Maxmilian Caligiuri

Fisica dell'incredibile



Qual è l'origine ultima delle leggi della fisica?

Perché esiste tutto ciò che esiste? Perché esiste un universo fatto di atomi, pianeti, stelle, galassie, esseri viventi e dotato di tutte quelle specifiche caratteristiche direttamente o indirettamente sperimentabili? Perché questo universo risulta nel complesso stabile e ordinato? Ciò che esiste è emerso dal nulla senza una particolare ragione o è, al contrario, il risultato della creazione attuata da un’entità superiore, sia essa un Dio o più in generale un Principio primo di natura impersonale? E in questo caso, potrebbe essere Dio la causa e la spiegazione della sua stessa esistenza? E se Dio avesse in sé stesso gli attributi e le caratteristiche della ragione della sua stessa esistenza non potrebbe essere così per l’universo stesso nella sua interezza, ossia potrebbe il cosmo contenere in se stesso la giustificazione della sua esistenza ed essere quindi auto-generato in modo completamente necessario e inevitabile secondo quanto prescritto da un dato insieme di leggi della fisica? Oppure l’universo esiste senza una particolare ragione e da un tempo infinito?

Queste sono le domande fondamentali alle quali l’Uomo, attraverso la Filosofia, la Religione e, soprattutto, la Scienza, cerca da sempre di dare una risposta. È indubbio che una possibile riposta a tali quesiti presuppone una specifica visione della realtà nella sua interezza e, in particolare, di ciò che chiamiamo “Universo”.

Fino a non molto tempo fa si pensava che l’universo coincidesse con il cosmo osservabile (tecnicamente quello contenuto entro il nostro “orizzonte” ovvero la porzione a noi accessibile tramite le osservazioni) ma le teorie cosmologiche basate sulla meccanica quantistica hanno rivoluzionato tale paradigma permettendo l’introduzione del concetto di “Multiverso”, ossia di un modello in cui la totalità di ciò che esiste sarebbe costituita da un insieme, contenente un numero potenzialmente infinito di elementi, composto da ragioni di spazio-tempo immense, ognuna delle quali corrispondente ad uno specifico “universo”. Oppure, come altri hanno proposto, sia noi osservatori coscienti, sia tutta la realtà in cui siamo “immersi”, saremmo “semplicemente” il risultato di uno schema di attività (o, in altre parole, di un insieme di algoritmi) eseguito da un ipercomputer (quantistico) che “simulerebbe” l’esistente. O, ancora, dovremmo preferire una rappresentazione dell’universo, simile a quella propria da molte religioni, secondo la quale questo sarebbe una “struttura” o uno “schema” creato da una divinità infinita e onnipotente?

Probabilmente, il concetto di una realtà che si auto-giustifica e si auto-genera è quello a prim’acchito più difficile da comprendere ma che appare, per molti versi, più vicino all’impostazione suggerita da diversi modelli cosmologici.

Ciò è dovuto alla naturale e logica tendenza nello spiegare un concetto o un fatto, ricorrendo a un altro concetto o fatto e così via, conducendo così all’impossibilità di giungere a un punto finale della catena logica, in cui il passaggio precedente sia il nulla assoluto. Ma le cose stanno proprio così o si può ammettere che la realtà possa effettivamente autogenerarsi dal nulla assoluto, ossia dall’assenza non solo di ciò che esiste ma anche di qualsiasi realtà possibile? Tale conclusione appare, come vedremo, ragionevolmente non sostenibile.

Dobbiamo rilevare, a questo punto, che qualsiasi considerazione sull’origine di ciò che esiste non può non tenere conto della differenza tra ciò che possiamo considerare puramente reale e ciò che invece si manifesta effettivamente nella realtà. Ad esempio la definizione dell’operazione aritmetica 2+2=4 può essere senza dubbio considerata come reale ma ciò è sufficiente a concludere che essa esista nella realtà? Tale questione, in verità estremamente profonda, si riferisce alla differenza tra ciò che è logicamente possibile e ciò che, essendo logicamente possibile e non contraddittorio, si manifesta effettivamente sotto forma di oggetti e/o fenomeni reali sperimentabili nell’universo. In virtù di tale differenza, sembrerebbe possibile assumere che non tutto ciò che possiamo considerare reale dipenda o si basi o implichi l’esistenza di entità reali, escludendo, in tal modo, la sussistenza di una manifestazione dell’esistente basata su un principio di necessità a partire da entità logicamente reali. Ciò potrebbe implicare, in particolare, che la domanda da cui siamo partiti - “perché esiste ciò che esiste ?” – non abbia necessariamente una risposta definita, ammettendo così la possibilità che l’universo esista senza una ragione specifica. D’altra parte, da un punto di vista prettamente logico, appare ovvio che uno scenario caratterizzato dalla presenza di entità reali risulti più probabile del nulla assoluto, per il semplice fatto che il primo può manifestarsi in una moltitudine di modi, in contrasto con il secondo. Tuttavia tale argomentazione logico-formale non è ovviamente sufficiente a fornire, di per sé, una risposta esauriente ai nostri interrogativi di partenze e, soprattutto, a spiegare la complessità, varietà, ordine e armonia dell’universo. Per tentare di dare riposta a tale profondi interrogativi è necessario allora entrare nel dominio della Fisica fondamentale e della Cosmologia analizzando, alcune tra le più significative teorie sinora elaborate.

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lunedì 28 agosto 2017

Denti sani e belli? Dipende dalla alimentazione



Denti sani e belli? Dipende dalla tua alimentazione

Scritto da: Nadine Artemis

Medicina Non Convenzionale



Denti sani e belli? Dipende dalla tua alimentazione

Per prenderci efficacemente cura dei nostri denti, non bastano lo spazzolino e il filo interdentale. I denti sono vivi e, nell’ambiente giusto, sono in grado di rigenerarsi. Per questo i fattori nutritivi interni sono così importanti.
Mangiare cibo vero, mantenere un buon equilibrio ormonale, assimilare quantità adeguate di minerali e consentire lo scambio di fluidi tra interno ed esterno del dente sono i punti cruciali di una corretta igiene orale. Igiene orale e vitalità sono direttamente collegate a ciò che mangiamo: alimentandoci con cibi di elevato valore nutrizionale e acqua pura sosteniamo dall’interno la salute dei denti e di tutta la bocca.
L’attuale mania delle diete a basso tenore di grassi e ad alto tenore di carboidrati è esattamente il contrario di ciò che ha funzionato per i nostri progenitori. La loro alimentazione, infatti, comprendeva una combinazione di carni di animali allevati al pascolo, di latte e burro crudi, di pesce, di uova prodotte da galline allevate all’aperto, di olio di fegato di merluzzo, cibi fermentati, semi oleosi lasciati in ammollo e cereali in chicchi appena macinati, insieme con una varietà di frutta e verdura fresca. Questa dieta forniva i nutrienti, le vitamine e i minerali necessari al nostro organismo per nutrire le ossa e per consentire ai bambini e ai neonati di crescere e svilupparsi correttamente.

Ecco alcune indicazioni nutrizionali fondamentali:

Tutti i cereali in chicchi e i semi oleosi vanno messi in ammollo e lasciati fermentare per eliminare e trasformare il loro contenuto di acido fitico.
Eliminate il frumento.
Nutritevi di cibi freschi e integrali.
Evitate completamente i cibi industriali.
Scegliete frutta e verdura provenienti da agricoltura biologica, coltivate in suoli ricchi di minerali.
Nei frullati e negli infusi inserite piante ricche di minerali come ortica ed equiseto.
Esponetevi alla luce del sole per un tempo sufficiente o assumete integratori di vitamina D.
Utilizzate solo pesce selvaggio, non da allevamento.
Consumate interiora di vario tipo: sono carni ricche di vitamine e minerali. Se non vi piacciono, potete utilizzare integratori di ghiandole essiccate, purché siano di ottima qualità.
Per cucinare, usate solo vero olio di oliva, oppure olio di noce di cocco o ghee, un burro chiarificato prodotto con il latte di vacche allevate al pascolo.
Evitate tutti i grassi vegetali, compresi gli oli di mais e di soia, e i loro acidi grassi polinsaturi. Condite le insalate con olio biologico crudo di semi di chia, di zucca e di canapa.
Se siete vegani o vegetariani, assicuratevi di assumere una quantità sufficiente di vitamine liposolubili K2, D3 e A.
Per curare le carie, integrate la vostra dieta con olio di fegato di merluzzo fermentato.
Usate ghee o burro non pastorizzati, da animali alimentati con erba, oppure assumete integrazioni di vitamina K2.
Scegliete di preferenza carne e pesci selvaggi o da allevamenti biologici, e latticini (meglio da latte crudo) derivati da animali cresciuti in allevamenti biologici in cui essi siano alimentati esclusivamente a erba.
Bevete molta acqua pura.

Questo articolo è tratto dal libro:

Cura i Tuoi Denti in Modo Naturale - Libro
Guida completa alla salute di denti e gengive: l'igiene orale in 8 mosse, la verità su dentifrici, spazzolini e collutori, gli alimenti che nutrono e rinforzano i denti
Nadine Artemis

martedì 1 agosto 2017

L'impronta dell'entropia nella fisiologia umana 2




L'impronta dell'entropia nella fisiologia umana - seconda parte

Scritto da: Fausto Bersani Greggio

Scienza e Fisica Quantistica



L'impronta dell'entropia nella fisiologia umana - seconda parte

Oltre gli organi di senso

In sostanza ritengo che la legge di Weber – Fechner non sia altro che una forma mascherata della seconda legge della termodinamica. Se così fosse, dal momento che essa rappresenta una legge trasversale a tutto l’Universo fisico, dovrebbe potersi manifestare, per quanto ci riguarda, anche laddove il nostro apparato sensoriale, dotato di specifiche sensibilità (acustica, visiva, gustativa, olfattiva, tattile), non riesce ad essere allertato.

Ad esempio non siamo in grado di inseguire visivamente il movimento troppo veloce della luce, ma ciò non impedisce che la nostra vista ne riceva stimoli e fornisca delle risposte percettive. Allo stesso modo non siamo in grado di apprezzare il moto troppo lento della terra, ma ciò non toglie comunque che alcuni nostri bioritmi, ad esempio, si siano adattati al ritmo circadiano notte – giorno legato proprio alla rotazione terrestre, basti pensare alla produzione di melatonina o di cortisolo.

Pertanto ritengo che uno stimolo non sia solamente energia in grado di suscitare una risposta rapida a livello dei recettori legati agli organi di senso, quanto piuttosto ad ogni tipo di bioricettore.

Potrebbero essere coinvolti complessi meccanismi, non solo quelli preposti alla raccolta e all’elaborazione di informazioni in tempi molto brevi. È noto che esistono effetti, anche patologici, a distanza di tempo senza un preavviso sensoriale. Una sollecitazione silente che tuttavia potrebbe comportare un aumentato rischio di evoluzioni patologiche a causa di una sorta di effetto di accumulazione nel tempo.

A questo punto ho provato ad applicare queste valutazioni ad una serie di studi epidemiologici volti a verificare l’ipotesi di incidenza di leucemia infantile per esposizioni a campi magnetici generati da linee elettriche in bassa frequenza (50 Hz). A questo proposito è utile segnalare che in virtù di alcuni di questi studi la IARC (International Agency for Research on Cancer, Lione, Francia) classificò, nel 2002, tali campi fra i possibili cancerogeni per l’uomo.

Nel corso della mia ricerca bibliografica [2], [3], [4], [5], che ha coinvolto 20 pubblicazioni apparse dal 1993 al 2010, è stato preso in considerazione, come parametro statistico, il cosiddetto Rapporto di disparità (Odds Ratio = OR) (3).

Il suo significato si può facilmente chiarire con un esempio: se in un’indagine risulta che il 12% dei fumatori e il 4% dei non fumatori si ammalano di broncopolmonite in un periodo di osservazione di dieci anni, il fattore OR si ottiene confrontando il rapporto tra individui colpiti dall’evento e individui non colpiti, selezionati tra gli esposti, ed il corrispondente rapporto tra i non esposti. Nell’esempio precedente, tra i fumatori il rapporto è 12/(100-12), ossia 3/22, mentre tra i non fumatori risulta 4/(100-4), ossia 1/24; pertanto si ha che OR = 3/22 : 1/24 = 72/22 = 3,27. Quando il fattore OR è pari a 1 l’esposizione non ha alcuna influenza sul rischio, siamo cioè in condizioni di soglia, quando risulta maggiore di 1 il rischio aumenta con l’esposizione, se invece è inferiore a 1 l’esposizione ha un ruolo protettivo. I dettagli dell’analisi statistica che ho condotto sono reperibili sul mio sito [6]. In questa sede mi limito a riportare solo il risultato principale: mediando la variabile di rischio OR ottenuta nei vari studi e mettendola in relazione con il campo magnetico, espresso in microTesla, a cui erano esposti a livello residenziale campioni della popolazione in età pediatrica, si ottiene nuovamente una curva logaritmica:


La soglia si colloca intorno a 0,2 microTesla (uT), esposizione che fornisce un OR = 1. Il coefficiente di correlazione R2, che compare nel riquadro giallo, ci indica il livello di adattamento della curva ai punti sperimentali. L’interpolazione è tanto più corretta quanto più R2 si avvicina ad 1. Nel nostro caso si ottiene un valore pari a 0,9985. Un’analisi statistica dettagliata dimostra che la probabilità che due variabili non correlate diano un R2 maggiore o uguale a quanto ho trovato (cioè forniscano un “falso positivo”) è solo del 2,5%. Secondo gli standard statistici questa correlazione viene definita significativa.

Una riflessione finale

In conclusione credo che questo tipo di approccio possa aprire un varco estremamente interessante nell’ambito della fisiologia umana. In sostanza ritengo si possa affermare che l’impronta dell’entropia sia riconoscibile a tutti i livelli: sia negli effetti immediati e acuti legati agli organi di senso, sia nelle dinamiche più complesse dei cosiddetti effetti cronici caratterizzati da lunghi periodi di latenza. Il filo conduttore comune è la natura statistica dell’entropia, un connotato fondamentale dei sistemi macroscopici per i quali Boltzmann dimostrò l’esistenza di una freccia temporale, una vera e propria rottura di simmetria nell’Universo fisico. È forse veramente il caso di dire che la seconda legge della termodinamica non perdona!

Note

(3) L’epidemiologia consiste nell’osservazione delle frequenze e della distribuzione delle patologie nelle popolazioni umane ricercando eventuali rapporti di causalità con agenti esterni. 

Bibliografia

[1] Sensazione e Percezione, Eleonora  Bilotta,  https://it.pinterest.com/pin/561613016010986164.

[2] AGENZIA INTERNAZIONALE PER LE RICERCHE SUL CANCRO (O.M.S.), DI LIONE (FRANCIA): IARC Monographs, Vol. 80 (2002).

[3] Esposizione a campi elettromagnetici a bassa ed alta frequenza e rischi per la salute, Paola Michelozzi - Dipartimento di epidemiologia del Lazio, Università degli studi di Brescia, Seminari di Sanità Pubblica, V Edizione, 2012.

[4] CAMPI ELETTROMAGNETICI NON IONIZZANTI (CEM): QUALI RISCHI PER LA SALUTE?, ANGELO GINO LEVIS, Prof. Ordinario di Mutagenesi Ambientale, Univ. PD Padova/ISDE, 16.05.2013.

[5] Inquinamento da campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, Paolo Bevitori – Maggioli Editore (2007).

[6] Bersani G. Fausto, https://sites.google.com/site/unasvoltainfisica/attualita, Leucemia infantile e campi magnetici ELF  (2017).

Dalla Fisica Classica alla Fisica Quantistica
Riflessioni sul rinnovamento dell'insegnamento della fisica
Carlo Tarsitani