Che cos’e' la Non Localita'
Dal teorema di Bell e l’esperimento di Aspect agli
approcci non-locali del tessuto quantistico: una rassegna critica sulla non
località
di Davide Fiscaletti
La meccanica quantistica può essere considerata la teoria
fondamentale della scienza moderna che più ha contribuito a modificare la
nostra comprensione dell’universo. Per quanto riguarda la geometria del mondo
fisico, si può dire che la teoria quantistica introduce prospettive molto più
ampie di quelle offerte da ogni teoria fisica precedente. In particolare,
l’elemento più sorprendente ed intrigante che emerge dal formalismo quantistico
sta nel fatto che le particelle subatomiche sono in grado di comunicare tra di
loro informazioni in modo istantaneo, in altri termini sono connesse in modo
non-locale. Riguardo al fenomeno della non-località, tutto è iniziato a partire
dalla pubblicazione nel 1935 da parte di Einstein, Podolski e Rosen, di un
famoso articolo dal titolo La descrizione quantistica della realtà può
considerarsi completa? in cui è stato sviluppato quello che è poi stato
chiamato il paradosso, o meglio, argomento EPR (dalle iniziali dei tre autori).
Consideriamo due particelle A e B che hanno condiviso una particolare
esperienza di accoppiamento alla loro nascita e che poi vengono allontanate e
portate in estremi opposti dell’universo; allora, in base al formalismo della
meccanica quantistica, se ad un certo istante effettuiamo una misura sulla
particella A, è possibile conoscere istantaneamente lo stato della particella
B, a prescindere dalla distanza che c’è tra di esse.
Il paradosso EPR era, in realtà, una critica di Einstein
all’idea che la meccanica quantistica sia una teoria completa nel descrivere la
natura. I fisici hanno cercato di spiegare questo fenomeno assumendo che ci sia
una sorta di “messaggero” che parte dalla particella A per raggiungere la
particella B e informarla di assumere un certo comportamento. Ma l’informazione
arriva istantaneamente e quindi l’idea di un ipotetico messaggero non solo non
funziona, ma sembra avere poco senso. Le correlazioni non-locali tra particelle
subatomiche che caratterizzano esperimenti di tipo EPR risultano essere
inspiegabili e incomprensibili all’interno di uno schema classico. Fenomeni di
questo tipo hanno tuttavia trovato una loro compiuta spiegazione e
formalizzazione in un noto teorema dimostrato nel 1964 dal fisico irlandese
John Stewart Bell (che è considerato da molti esperti nel campo dei fondamenti
concettuali della meccanica quantistica come il più importante recente
contributo alla scienza): “Quando due particelle sono emesse in direzioni
opposte e le proprietà di una di esse sono attualizzate da una misurazione, le
proprietà dell’altra particella – anche esse misurate – saranno correlate
indipendentemente dalla distanza che le separa”. La dimostrazione del teorema
di Bell implica che un’esperienza avvenuta nel passato tra due particelle
subatomiche crea tra di esse una forma di “connessione” per cui il
comportamento di ciascuna delle due condiziona in modo diretto ed istantaneo il
comportamento dell’altra a prescindere dalla distanza che c’è tra di esse.
Ai giorni nostri, non è stata trovata ancora alcuna
contro-argomentazione significativa in grado di mettere in discussione la
validità del teorema di Bell. Tutti gli esperimenti effettuati finora – e
particolarmente significativi sono, in questo senso, gli esperimenti di Alain
Aspect (1981) al laboratorio di ottica di Orsay, di Yanhua Shih (2001)
dell’Università del Maryland e di Nicolas Gisin (2003) dell’Università di
Ginevra – hanno confermato il risultato ottenuto da Bell, vale a dire che la
non località deve essere considerata una caratteristica fondamentale e
irrinunciabile del mondo microscopico, che le particelle subatomiche sono
capaci di comunicare istantaneamente a prescindere dalla loro distanza.
D’altra parte, nell’interpretazione di Copenaghen della
meccanica quantistica la non-località emerge di fatto come un ospite inatteso
nascosto dietro l’interpretazione puramente probabilistica della funzione
d’onda e il meccanismo di “casualità” ad essa associato. Tuttavia, se si tiene
conto dei risultati sperimentali sopra menzionati (nonché di risultati simili
ottenuti da altri autori), bisogna ammettere che la non-località costituisce la
carta di visita fondamentale della geometria del mondo quantistico e, di
conseguenza, dovrebbe essere introdotta fin dall’inizio, come principio
fondamentale, all’interno di ogni teoria volta a descrivere l’arena dei
processi quantistici. I risultati sperimentali suggeriscono che la non-località
deve essere considerata la proprietà essenziale che sta alla base del
comportamento delle particelle subatomiche e della geometria del mondo
quantistico. In questo articolo, ci proponiamo di sviluppare una rassegna
critica degli approcci non-locali presenti nella letteratura volti a descrivere
l’arena dei processi quantistici, il cosiddetto “tessuto spazio-temporale”
della fisica quantistica.
La geometria non-locale nell’approccio del potenziale
quantico di Bohm
L’idea del potenziale quantico, introdotta originariamente
da David Bohm negli anni ’50, può essere considerata la via più semplice e
naturale per introdurre la non-località nel mondo quantistico. Nell’ambito
dell’interpretazione di Bohm della meccanica quantistica, il potenziale
quantico informa ogni particella dove andare, come se dietro alla realtà
fenomenica spazio-temporale fatta di materia ed energia, esistesse un piano
nascosto che la guida e la unisce a tutte le altre particelle in un’unica
simbiosi cosmica. L’espressione matematica del potenziale quantico indica che
l’azione di questo potenziale è di tipo spazio, vale a dire crea sulle
particelle un’azione istantanea, proprio quella richiesta per comprendere i
processi di tipo EPR. Il potenziale quantico contiene un’informazione globale
sui processi fisici, che può essere definita come “informazione attiva”,
contestuale al sistema sotto osservazione e al suo ambiente, la quale non è
“esterna” allo spazio-tempo, ma piuttosto è un’informazione geometrica
“intessuta” nello spazio-tempo. A questo proposito, possiamo dire che
l’evoluzione dello stato di un sistema quantistico modifica l’informazione
attiva globale e questa influisce a sua volta sullo stato del sistema
quantistico ridisegnando la geometria non-locale dei processi. In questo quadro
geometrodinamico possiamo anche dire che il potenziale quantico rappresenta le
proprietà geometriche dello spazio dalle quali la forza quantistica, e quindi
il comportamento delle particelle quantistiche, derivano.
Riguardo alla non-località nella teoria quantistica dei
campi
La maggior parte delle interpretazioni della fisica
quantistica tendono a derivare la non-località da situazioni locali usando
concetti continui come spazio-tempo o ambiente, correndo il rischio di
incorrere in paradossi simili, per così dire, a quelli che caratterizzano le
avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. Il linguaggio ondulatorio e
l’interpretazione statistica possono funzionare soltanto quando si ha a che
fare con un gran numero di processi virtuali di creazione/distruzione di
particelle. Per esempio, lo stato fondamentale dell’atomo di idrogeno può
essere visto come una sorta di media su molte interazioni virtuali tra il campo
elettrico nucleare e l’elettrone orbitante. La teoria quantistica dei campi è
la figlia più matura della meccanica quantistica e fornisce la sintassi più
generale che conosciamo per descrivere le forze. La meccanica quantistica può
essere considerata una buona approssimazione della teoria quantistica dei campi
per sistemi a bassa energia quando il numero dei quanti in considerazione è
conservato.
Vediamo allora di comprendere quale tipo di lettura della
meccanica quantistica è fissata dalla teoria quantistica dei campi. Dalla
teoria quantistica dei campi sappiamo che il mondo fisico è una rete di transizioni
energetiche e che il nostro linguaggio basato su onde e particelle è un
linguaggio approssimato. Seguendo la terminologia di Penrose, la struttura
della meccanica quantistica è data dagli operatori di evoluzione e dai processi
di creazione o distruzione di particelle. Alla luce della teoria quantistica
dei campi, il mondo fisico è descritto da una rete di vertici di interazioni
dove alcune proprietà (posizione spazio-temporale, impulso, spin, ecc…) sono
create e distrutte. La misura di tali proprietà è tutto ciò che conosciamo del
mondo fisico da un punto di vista operazionale. Ogni altra costruzione in
fisica, come la nozione stessa di spazio-tempo continuo o gli operatori
associati alle variabili fisiche che descrivono l’evoluzione, ha il ruolo di
connettere in modo causale le proprietà misurate. Come ha mostrato in modo
preciso Licata nel suo recente articolo Transaction and non-locality and
quantum field theory, l’interpretazione della meccanica quantistica che forse
si addice di più al linguaggio della teoria quantistica dei campi è la teoria
transazionale, rilettura geometrodinamica realistica dei processi quantistici
originariamente proposta da Cramer in alcuni articoli degli anni ’80 e poi
estesa recentemente in un approccio più fondamentale da Ruth Kastner (nonché da
Chiatti e Licata in ambito cosmologico). In questo approccio, ciascuna
particella risponde a tutte le sue future possibilità. A un livello
fondamentale soltanto le transazioni tra opportuni “modi” del campo hanno
luogo, e la funzione d’onda semplicemente contiene un’informazione statistica
riguardo a un gran numero di transizioni elementari. Nell’ambito
dell’interpretazione transazionale possibilista suggerita dalla Kastner, lo
spazio-tempo non è una sostanza pre-esistente, ma piuttosto emerge come un
insieme di attualizzate transazioni risultanti in trasferimenti di energia da
un emettitore a un assorbitore. Le transazioni sono oggetti che in qualche
maniera trascendono la struttura spazio-temporale, in altre parole in questo
quadro sono l’espressione della natura non-locale dei processi quantistici.
Alla luce del linguaggio transazionale, il vuoto dei
processi quantistici può essere immaginato non solo come lo stato di minima
energia, ma anche come la rete di tutte le possibili transazioni dei modi di
campo in una “totalità indivisa”, e deve essere considerato come uno stato
radicalmente non-locale. Nell’approccio transazionale sviluppato da Chiatti e
Licata, l’arena fondamentale dell’universo è un vuoto quantistico arcaico, atemporale,
non-locale in cui le uniche “cose” realmente esistenti nel mondo fisico sono
gli eventi di creazione e distruzione (o, in altre parole, di manifestazione e
de-manifestazione) di certe qualità. In questo approccio, il vuoto è la
fabbrica da cui tutte le strutture fisiche emergono attraverso processi di
riduzione e tali strutture influenzano a loro volta l’attività del vuoto, in un
feedback quantistico. In questo approccio, il teorema di Bell non solo
individua i limiti delle teorie a variabili nascoste, ma fornisce la porta di
una teoria in grado di spiegare la non-località come un effetto residuale che
emerge, in particolari condizioni, dalle manifestazioni del vuoto primordiale
atemporale.
La non-località dei processi quantistici di laboratorio
appare in ultima analisi come un caso particolare della totalità atemporale
associata al vuoto primordiale.
Gli approcci non-locali in gravità quantistica
L’idea di una struttura di relazioni sottesa alle forme
osservabili di materia e di energia e allo spazio-tempo è stata definita da J.
A. Wheeler “schiuma quantistica” dello spazio-tempo, proprio con l’intento di
evocare l’erosione delle nozioni tradizionali lungo la discesa verso la scala
di Planck tipica della gravità quantistica. A questo proposito, le varie
versioni della teorie della stringhe che, pur non disponendo di un principio
unificatore, hanno avuto un certo successo nel superare alcuni impasse della
fisica delle particelle, comportano che la struttura spazio-temporale sia il
risultato dell’interazione tra configurazioni vibrazionali in p dimensioni
chiamati p-brane (dove p=10 nella versione più accreditata). In particolare,
nella versione matriciale della cosiddetta teoria M le brane derivano da un
background non-locale il quale permette di ottenere una meccanica quantistica
analoga a quella di Bohm.
In realtà, la maggior parte delle versioni delle stringhe
sono costruite su uno spazio-tempo piatto minkowskiano, mentre una corretta
teoria autenticamente relativistica (nel senso della relatività generale),
dovrebbe essere indipendente dal background, ossia non presupporre alcuna
metrica. Ci sono diverse teorie che possiedono questi requisiti. Una di queste
è, per esempio, la teoria dei twistors di Penrose. Per usare le stesse parole
di Penrose, “un twistor è un oggetto simile a un giano bifronte, unitario ma
con una faccia rivolta verso la meccanica quantistica e l’altra verso la
relatività generale”. La struttura dei twistors permette di rendere conto in
modo preciso della dinamica intrinsecamente non-locale dello spazio-tempo.
Inoltre, alla luce di alcuni importanti approcci introdotti per unificare
relatività generale e meccanica quantistica, il background spazio-temporale dei
fenomeni risulta essere soggetto a fluttuazioni quantistiche e, in particolare,
emerge da una rete non-locale di celle elementari alla scala di Planck. A
questo proposito, una teoria molto elegante che ha i giusti requisiti relativistici
è la “loop quantum gravity” (gravità quantistica ad anelli) di Rovelli e
Smolin. I loops sono linee di campo chiuse che non dipendono dal sistema di
riferimento e forniscono quindi la base per una descrizione relazionale dello
spazio-tempo nello spirito di Mach-Leibniz. La gravità quantistica ad anelli
prevede che gli operatori associati ad area, angolo, lunghezza e volume
risultano avere uno spettro discreto alla scala di Planck e, sulla base di
alcuni risultati recenti ottenuti da Gambini dell’università di Montevideo e
Pullin dell’università della Louisiana, introduce un quadro olografico nella
forma di incertezza nella determinazione di volumi che cresce in modo radiale.
Inoltre, riguardo al carattere olografico del tessuto
quantistico fondamentale alla scala di Planck, un modello recente molto
rilevante è quello di Jack Ng dell’università della North Carolina, in cui la
struttura del background dei processi, vale a dire della schiuma
spazio-temporale è determinata dall’accuratezza con cui viene misurata la sua
geometria. Nel modello di Ng, come conseguenza del carattere olografico, i
gradi di libertà della schiuma spazio-temporale, alla scala di Planck, devono
essere considerati infinitamente correlati, con il risultato che la localizzazione
di un evento perde il suo significato invariante. In altre parole, la schiuma
spazio-temporale dà luogo a una non-località fondamentale. In questo approccio,
sono proprio le caratteristiche non-locali della schiuma spazio-temporale che
consentono di includere la gravitazione nella teoria. È infine importante
menzionare che, nell’ambito di una teoria nota come Quantum Graphity, in cui la
geometria e la gravità emergono da una rete di grafi di spin, Caravelli e
Markopoulou del Perimeter Institute of Theoretical Physics di Waterloo hanno
recentemente suggerito un modello esplicito di schiuma quantistica, uno
spazio-tempo quantistico con legami spaziali non-locali. Gli stati quantistici
che descrivono questo background non-locale dipendono da due parametri: la
grandezza minima del legame e la loro densità rispetto a questa lunghezza.
Conclusioni
Alla luce dei risultati della fisica quantistica e, in
particolare, di alcuni rilevanti approcci elaborati recentemente (sia in ambito
non-relativistico sia di teoria quantistica dei campi sia di gravitazione
quantistica), a un livello fondamentale i comportamenti delle interazioni
possono essere visti come la conseguenza di una geometria ricca e complessa, la
cui proprietà fondamentale sembra essere la non-località. Questa geometria
permea le strutture profonde dello spazio-tempo, in modo tale che gli stessi
fenomeni fisici sono per così dire immersi in una sorta di tessuto geometrico,
ed è precisamente dalla dinamica non-locale inerente a esso che emergono le
diverse forme di materia e le varie forze che le muovono come altrettanti
effetti possibili delle fluttuazioni quantistiche, in parte effimere e
aleatorie, e delle diverse entità che condizionano la geometria quantica del
mondo fisico alla scala fondamentale. Sulla base degli approcci non-locali
illustrati in questo articolo, emerge la prospettiva che, così come non possono
esistere delle particelle materiali (i fermioni), né delle particelle
messaggere (i bosoni) senza interazioni, nello stesso modo le interazioni non
potrebbero aver luogo senza la geometria non-locale sottostante che “tesse” lo
spazio-tempo (o le diverse forme dello spazio-tempo) e propaga l’azione delle
forze fondamentali attraverso il mondo microscopico e l’intero universo.
I rapporti tra l’explicate order della struttura
spazio-temporale e le teorie che indagano la struttura fine della schiuma
quantistica ci offre così la possibilità di un’interessante riflessione di
carattere epistemologico e cognitivo. L’intera storia della fisica può essere considerata
come un progressivo raffinamento dei modelli di spazio-tempo, da quello
assoluto di Newton alle geometrie che caratterizzano le varie geometrodinamiche
quantistiche e relativistiche. L’analisi svolta in questo articolo mostra che
la non-località può essere considerata la carta di visita fondamentale della
fisica quantistica, sia in ambito non-relativistico di prima quantizzazione,
sia in teoria quantistica dei campi per arrivare infine alla gravitazione
quantistica. Emerge la prospettiva di una struttura fondamentalmente non-locale
in cui la geometria e la dinamica coesistono e dalla quale si codeterminano
continuamente.
Davide
Fiscaletti
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