mercoledì 6 aprile 2016

Perché i medici non credono nell'omeopatia?



Perché i medici non credono nell'omeopatia?

Alcuni studi dimostrano come l'omeopatia non venga presa in serie considerazione dalla medicina e quindi non sia neppure degna di essere studiata

di Beatrice Andreoli - 04/04/2016



Perché i medici non credono nell'omeopatia?

L’omeopatia e la sua valenza o mancanza di efficacia terapeutica sono ad oggi fonte di discussione, sia tra gli esperti che all’interno del contesto sociale. Continuamente sono pubblicati articoli o commenti le cui conclusioni portano a detrarre la pratica omeopatica e spesso anche la classe medica esprime dichiarazioni contro l’uso dell’omeopatia a scopo terapeutico. Sarebbe interessante, riguardo quest’ultimo punto, comprendere i motivi che portano a volte i medici stessi a non offrire alcun credito all’omeopatia.

A questo proposito è interessante l’articolo di Barros e Fiuza intitolato “Evidence-based medicine and prejudice-based medicine: the case of homeopathy” (Cad Saude Publica. 2014 Nov;30(11):2368-2376), pubblicato nel 2014. L’articolo riprende i dati di una ricerca precedente, nella quale era stata condotta un’intervista a 176 medici appartenenti all’”University of Campinas Medical School”, una delle più importanti scuole di medicina del Brasile.
Il 49% degli intervistati aveva dichiarato in quella occasione di non considerare l’omeopatia come una disciplina da includere all’interno del curriculum professionale di un medico. Lo studio qualitativo condotto, quindi, ha analizzato i motivi che possono spingere ad una posizione di questo tipo. Sono stati intervistati 20 medici affluenti a 15 differenti specializzazioni (ginecologia e ostetricia, nefrologia, dermatologia, cardiologia, radiologia, oftalmologia, otorinolaringoiatria, malattie infettive, ortopedia, chirurgia plastica, pediatria, anestesia, urologia, psichiatria e radioterapia).
I risultati hanno mostrato come:

la minoranza di essi ammetteva di possedere una conoscenza insufficiente per poter formulare un giudizio sull’omeopatia,
nessuno dei medici intervistati ha espresso un’obiezione netta al riguardo e
la maggioranza di essi ha mostrato un pregiudizio, affermando che non esiste una evidenza scientifica sufficiente a supporto dell’omeopatia (essendo oggi fondamentale una applicazione della EBM), sostenendo la propria posizione sulla base di un’opinione personale, di una pratica clinica limitata e di informazioni proposte dai mass media.

Nessuna delle obiezioni si basava su una conoscenza dei principi dell’omeopatia e le diverse giustificazioni si basavano su concetti generali e sul senso comune. Sicuramente è emersa una relazione importante tra una scarsa conoscenza dell’omeopatia e il giudizio negativo attribuito alla pratica di questa disciplina.

Il risultato di una prospettiva di questo tipo, sebbene lo studio sia stato condotto su un numero esiguo di partecipanti, porta secondo gli Autori al generarsi di una “invisibilità sociale”. Di conseguenza, essi ritengono necessario un “esercizio di visibilità”, che permetta una discussione e un confronto sull’omeopatia all’interno della comunità scientifica. Un passaggio fondamentale dovrebbe essere l’aumento della ricerca rigorosa e condotta con una metodologia adeguata nel campo dell’omeopatia, tuttavia questa rimane ad oggi difficile da realizzare a causa di:

una scarsa pratica delle medicine complementari (CAM, Complementary and Alternative Medicines) negli ambienti accademici,
una carenza di finanziamenti adeguati, soprattutto per mancanza di interesse e;
una carenza di cooperazione tra ricercatori biomedici e CAM.

Secondo gli Autori, l’invisibilità delle medicine complementari diviene pregiudicante non solo per la conoscenza scientifica ma anche per i pazienti, i quali potrebbero non optare per questo tipo di cura a causa del rischio di “umiliazione sociale”. Non è giusto affermare che un tipo di terapia sia migliore di un’altra, mentre è importante comprendere come sia giusto fornire la corretta visibilità a tutte le discipline mediche esistenti. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è espressa riguardo le terapie non convenzionali (World Health Organization. Traditional medicine strategy: 2002-2005. Geneva: World Health Organization; 2002).
Purtroppo, gli Autori individuano un circolo vizioso nel fatto che all’interno dei corsi universitari che formano la futura classe medica le medicine complementari non posseggono spesso alcuna visibilità, producendo un rifiuto a priori alla loro applicazione da parte dei professionisti, il quale genera a sua volta l’invisibilità sociale di tali pratiche.

Gli Autori concludono quindi come sia fondamentale l’inserimento dello studio delle CAM nei corsi universitari, e il 51% dei medici intervistati si sono espressi favorevolmente al riguardo. Inoltre, essi sottolineano come sia sbagliato opporsi alla pratica delle CAM solo sulla base della mancanza di evidenze scientifiche: questo infatti non significa che sia dimostrato che le terapie complementari non siano efficaci, ma significa che evidenze e nuovi studi sono attesi.

Sicuramente un singolo studio, condotto in un unico centro, non è sufficiente a sciogliere ogni interrogativo. Tuttavia, esso mette in luce vari punti interessanti. Una sua lettura critica, infatti, può portare a comprendere come spesso le argomentazioni da parte dei medici contrari alla pratica dell’omeopatia non siano supportate da una adeguata conoscenza della stessa e di come sarebbe indicata una formazione specifica all’interno
dei corsi universitari di Medicina.

In Italia, in particolare, l’omeopatia è stata riconosciuta come terapia medica a tutti gli effetti dalla federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri e dalla Conferenza Stato-Regioni, che in data 07 febbraio 2013 ha promulgato le linee guida per l’istituzione dei registri dei medici che praticano le medicine complementari. Una sua conoscenza da parte dei medici afferenti a specializzazioni diversi porterebbe ad una più corretta “visibilità” della materia.

Spesso i pazienti, coloro i quali potrebbero beneficiare della terapia omeopatica, sono spinti a non prenderla in considerazione a causa del pregiudizio di medici non adeguatamente informati, oppure vi ricorrono solo nel tentativo estremo di risolvere una condizione etichettata come “senza speranza”. Se ogni medico, pur non praticandola, possedesse una conoscenza corretta della omeopatia stessa, anche il dialogo col paziente si rivelerebbe più coerente da parte dei diversi professionisti e ciò potrebbe condurre ad un maggior beneficio da parte del malato.

Sulla base di queste brevi considerazioni, l’invito è quindi quello ad un dialogo costruttivo e soprattutto allo sviluppo di nuove evidenze scientifiche, ottenute con le più attuali metodologie, capaci di sostenere a loro volta un confronto critico all’interno della comunità scientifica. Per il momento, finché non saranno disponibili i dati attesi, è bene ancora una volta non confondere il concetto di “assenza di evidenze” con quello di “evidenza di assenze”.

Marta Del Giudice, Nicola Del Giudice
Omeopatia - Libro >>> http://goo.gl/lSVqh6
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